Il Pene di Rasputin
La depravazione, le guarigioni, gli intrighi,
l'eresia, le profezie e la morte cruenta di Grigorij
Efimovič
Novy.
Qualche
anno fa, nella mia ignoranza, credevo che
Rasputin fosse
solo il nome
del
criceto o
coniglio della
professoressa
Bartolini (deceduto).
Recentemente ho sentito alla radio un’intervista ad
Aldo Montano, Campione di scherma e personaggio del
“jet set”. In quell’occasione, lo schermidore (di
ritorno da una gara svoltasi a San Pietroburgo),
citava le ingombranti dimensioni del
pene di questo
soggetto, da lui definito: “Una montagna.” Non mi
ricordo cosa portava lo sportivo a parlare del pene
di Rasputin, ma la curiosità mi spinse a cercare
informazioni sul Russo.
Grigorij
Efimovič
Novy
“Rasputin” nacque a
Григо́рий
Ефи́мович
Распу́тин,
(Siberia) negli anni ‘60 del 1800. Sulla data di
nascita non si è certi in quanto lo stesso Rasputin
si invecchiava di proposito, anche di vari anni,
aiutato dal suo viso rozzo e solcato da rughe. Si
invecchiava con lo scopo di mantenere credibile la
sua figura di monaco, figura che in Russia godeva di
particolare prestigio se anziano.
Si narra che da piccolo cadde nel fiume gelido con
suo fratello e che riuscì a guarire da una grave
polmonite, dopo giorni di
deliri e strane
visioni. Suo fratello, invece, morì. Si trasformò in
fretta in un giovane uomo irrequieto che si
ubriacava, rubava e correva dietro alle donne per
soddisfare un appetito sessuale che sembrava non
placarsi mai (Rasputin è il soprannome che si
guadagnò proprio in quegli anni e, in russo,
significa depravato).
“Il nostro” si imbatté casualmente in una setta
rinnegata dalla Chiesa ortodossa, i quali adepti
sostenevano che per comprendere appieno l’essenza di
Dio era
necessario peccare. Solo con
l’intima conoscenza del male il peccatore poteva
pentirsi, e quindi ottenere il perdono.
L’uomo si doveva macchiare d’ogni tipo di colpa per
godere della grazia divina.
Rasputin, quasi diciottenne e semianalfabeta,
abbracciò con entusiasmo la nuova religione. Vestito
da monaco, si dedicò con impegno ai
dogmi della
setta, interpretandoli a suo piacimento. Si proclamò
veggente e guaritore. Diceva di essere guidato dal
volere di Dio. Durante i suoi continui pellegrinaggi,
attirò l’attenzione di molti. Da un breve matrimonio
ebbe tre figli.
Riprese immediatamente il suo vagabondare. Lo sguardo
da folle e la convinzione di essere in possesso di
conoscenze da rivelare a pochi eletti lo portarono a
San Pietroburgo. Frequentò con soddisfazione il
movimento nazionalista dei "Veri Russi".
Rasputin riuscì ad entrare negli ambienti di corte,
considerato in possesso di
misteriosi poteri sovrannaturali.
L’ultimo Zar, Nicola II della dinastia Romanov,
giovane ed immaturo, pregava da tempo affinché Dio
inviasse una guida per aiutarlo ad affrontare tutte
le responsabilità. Tra le altre cose lo Zar era
preoccupato dal mancato arrivo di un erede maschio.
Venuto alla luce Alessio, il tanto atteso figlio, i
genitori non poterono comunque gioire, il bimbo
infatti era emofiliaco, e questo destava notevoli
preoccupazioni.
Rasputin, grazie a questo momento di debolezza dello
Zar, trovò terreno fertile per i suoi sproloqui, e si
mosse con scaltrezza.
Con il suo “carisma” pare riuscì a conquistare il
cuore di molte donne aristocratiche, con le quali
intratteneva relazioni sessualmente “hardcore”.
Rasputin riuscì a bloccare l’ennesima emorragia del
piccolo Alessio. Sul come ci riuscì vi rimando a
varie teorie che si trovano anche su internet.
L’episodio fu sufficiente a rendere Rasputin un
membro della famiglia reale.
In Russia non ci si spiegava come fosse possibile che
gli imperatori accettassero un individuo così ambiguo
a palazzo. Molte persone dubitarono dell’”integrità
morale” dello Zar e della Zarina, che non avevano
fatto trapelare la notizia dell’emofilia del pargolo
per non destare preoccupazione tra i sudditi.
Rasputin non si adoperò certo per metter a tacere i
pettegolezzi. Varie testimonianze ci parlano di
banchetti durante i quali il monaco si
ubriacava,
mangiava con le mani,
ruttava rumorosamente e infine
si faceva
leccare le dita
dalle sue devote commensali.
È leggendaria la sua
avversione per l’acqua e il modo
in cui si svolgevano i suoi rari bagni. Erano bagni
collettivi, amava immergersi in grandi vasche con
molteplici donne con le quali si divertiva e dalle
quali si faceva lavare.
Si diceva che le quattro figlie dello Zar fossero ben
disposte a soddisfare le perversioni del monaco.
Rasputin,
ubriaco fradicio ad ogni
festa, raccontava degli incontri a sfondo sessuale
tra lui, la Zarina e le figlie. Alla fine
l’imperatore lo allontanò da corte. Quando il piccolo
Alessio fu sull’orlo di un altro dissanguamento, pare
che Rasputin, richiamato, riuscì ad arrestare
l’emorragia.
A questo punto i monaci e i vescovi che si opponevano
a lui venirono puniti dai Romanov. Si pensava che il
monaco fosse arrivato ad avere il controllo su ogni
questione concernente l’impero.
Nel 1916 una congiura di nobili vicini alla corte
decise che
il monaco doveva essere eliminato.
Nel dicembre di quell’anno, il principe Jusupov lo
invitò a cena nel suo palazzo, con la scusa di
presentargli la bellissima moglie
Irina.
Rasputin,
insaziabile come al
solito,
accettò con
entusiasmo. Irina era una delle poche donne con le
quali ancora non si era “dilettato”: non poteva
lasciarsi sfuggire una simile occasione.
Successivamente Jusupov spiegherà che aveva
organizzato l’assassinio per salvare l’impero. Ma il
fatto che Jusupov non si fosse mai dichiarato un
sostenitore della famiglia reale, e la sua dichiarata
bisessualità, fanno pensare che i motivi furono ben
altri. Secondo i piani l’avrebbero dovuto avvelenare.
Per essere sicuro del risultato Felix Jusupov
aggiunse cianuro a tutto quello che c’era di
commestibile e al vino che il monaco adorava.
Rasputin arrivò verso le undici e si tuffò sull’alcol
e sul cibo, ingurgitando abbastanza veleno da
uccidere sei uomini. Irina non era consapevole del
complotto e non sarebbe mai arrivata, ma Jusupov
prese tempo e attese accanto a lui che il cianuro
facesse effetto. Rasputin, mezzo ubriaco, si dilettò
nel suonare la chitarra fino alle due del mattino,
ora in cui propose di andare a fare un giro in città.
Il terrore di trovarsi di fronte a un essere capace
di cenare a base di veleno e accusare poi un semplice
bruciore di stomaco prese i congiurati riuniti al
piano di sopra.
Decisero di passare alle maniere forti. Jusupov scese
con una pistola e (si dice) vide il monaco che
pregava ai piedi di un crocefisso. Gli sparò nella
schiena. Rasputin era ancora vivo, ma i congiurati
pensarono che sarebbe morto per dissanguamento entro
poco. Un’ora dopo Rasputin sembrava morto, ma quando
Jusupov lo mosse, il monaco aprì gli occhi e cominciò
a chiamarlo per nome: “Felix… Felix… Felix…”.
Rasputin barcollando tentava di scappare dirigendosi
verso la porta, tra gemiti e parole sconnesse. Riuscì
ad arrivare in giardino, gli spararono altre quattro
volte. A terra continuò a gemere e a strisciare verso
il cancello. Presero a sferrare calci furiosi alla
testa del monaco finché quest’ultimo non smise di
muoversi. Successivamente Rasputin venne pugnalato e
preso a randellate, respirava ancora. Il suo
cadavere,
ben zavorrato, venne
gettato in un canale.
Riemerse due giorni
dopo (ci sarebbe anche la foto ma ve la risparmio);
sottoposto ad autopsia incredibilmente non vi si
trovarono tracce del veleno.
Fu riscontrata acqua nei polmoni, la qual cosa
significa che nonostante
il veleno, i colpi di pistola e le
bastonate,
incredibilmente Rasputin fu gettato nell'acqua ancora
vivo, e quindi morì annegato. Vennero presi dei
provvedimenti contro i partecipanti del complotto.
Jusupov fu mandato in "esilio in campagna",
Pavlovič
fu inviato
in Persia a combattere in prima linea.
Ironia della sorte, l’esilio salvò Jusupov, la
rivoluzione bolscevica di lì a poco avrebbe
rovesciato il trono nel sangue.
I contadini considerarono l’omicidio del monaco come
l’ennesimo sopruso ai danni del popolo da parte degli
aristocratici.
La sua morte fu la goccia che fece traboccare il
vaso. Durante le sommosse bolsceviche la tomba di
Rasputin fu violata, il corpo bruciato e le ceneri
disperse. Il monaco aveva previsto la sua morte con
largo anticipo. Lo scrisse chiaramente nei suoi
diari:
“Sento
che devo morire prima dell’anno nuovo. Se io verrò
ucciso dai nobili, le loro mani resteranno macchiate
del mio sangue e per venticinque anni non potranno
togliersi dalla pelle questo sangue. Zar della terra
di Russia, se tu odi il suono delle campane che ti
dice che Grigorij è stato ucciso, devi sapere questo.
Se sono stati i tuoi parenti che hanno provocato la
mia morte, allora nessuno della tua famiglia, rimarrà
vivo per più di due anni. Essi saranno uccisi dal
popolo russo... Pregate, siate forti...”
Le
notizie inerenti le dimensioni “extra-strong”
del
fallo di
Rasputin, al quale “attrezzo” ho dedicato il titolo
solo per attirare la vostra attenzione, ci sono
giunte grazie alla brillante idea del principe
Josuppov, che dopo averlo terminato decise di
evirarlo.
Il suo membro venne successivamente
essicato, e
circolò a lungo dentro ad uno scrigno. Testimonianze
riportano che “assomigliava ad una lunga
banana rinsecchita”.
Lungo qualcosa più di 33 centimetri, “srotolato”
avrebbe potuto coprire quasi del tutto il Kolumbus
per larghezza.
Per chi lo volesse vedere, il membro definito:"Unico
e prezioso" dal sessuologo Igor Kniazkin è conservato
ed esposto al pubblico in un museo erotico di San
Pietroburgo. Aldo Montano lo ha definito:”Una
montagna, una cosa
impressionante”.
Detto
tutto questo, una cosa è certa. Se avessi un criceto
o un coniglietto non lo chiamerei
Rasputin.